LUCIA AMARA
New Mexico 1896 – Bellevue 1924: Reportage di un lungo viaggio
Mi manca Freud, Totem e tabù (A. Warburg)
Nel settembre 1895, il giovane storico dell’arte Aby Warburg – che all’epoca aveva già pubblicato la tesi sui dipinti di Botticelli - da Firenze parte per New York, in occasione del matrimonio del fratello Paul. Dopo aver adempito all’obbligo famigliare lascia l’est, vira verso ovest e dopo diverse soste si ferma a Washington, dove ha modo di consultare i materiali della celebre Smithsonian Institution. Da qui, tra dicembre e gennaio, con l’idea di visitare i Pueblos e la popolazione precolombiana degli Hopi, forse depositari di un paganesimo oramai “estinto”, si sposta attraverso il New Messico settentrionale da dove intraprende un’escursione trai Cliff Dwellings, le spettacolari rovine della Mesa Verde, per poi proseguire verso sud e raggiungere Santa Fe e Albuquerque. Assiste alle danze di Cochiti, San Ildefonso e Oraibi. Warburg annota: «decisamente vedo nella comprensione profonda della vita e dell’arte di un popolo “primitivo” un correttivo validissimo nello studio di qualsiasi produzione artistica».
Di ritorno - fine maggio 1896 - Warburg dona al Museo di Amburgo una serie di manufatti acquistati durante il viaggio tra i Pueblos, tra cui maschere e bastoni, e tiene tre conferenze, nelle quali utilizza i materiali fotografici, in parte scattati da lui stesso, proiettandoli in diapositive.
Esattamente 26 anni dopo, nel 1924, nella clinica di Bellevue diretta dallo psichiatra Ludwig Biswanger, dove è internato con una diagnosi di schizofrenia, Aby Warburg torna sulle tracce del viaggio tra gli Indiani d’America. Riannoda i fili di una storia (o patologia) privata con le «forme patetiche» imperiture nella storia (dell’arte) dell’umanità, e davanti al pubblico dei medici e degenti della clinica, pronuncia la conferenza nota come Il rituale del serpente. Tra gli astanti si riconosce Ernst Cassirer, a cui era stato affidato il compito di responsabile della Biblioteca di Warburg ad Amburgo.
La voce di Aby Warburg, secondo alcune testimonianze, è rotta e pressoché irriconoscibile da anni di sofferenza e urla atroci che hanno compromesso l’uso delle corde vocali.
Lucia Amara vive e lavora a Bologna. La sua ricerca si focalizza sulla vocalità, sui linguaggi performativi e su alcune forme irregolari dei linguaggi letterari. Amara è una teorica dell’arte scenica particolarmente interessata alla sperimentazione tra teoria e pratica, e al dialogo con interlocutori di varie provenienze. Si è laureata in Lettere Classiche a Firenze con una tesi sulla democrazia nel De Repubblica di Cicerone e poi al DAMS/Università di Bologna, dove ha svolto il dottorato in collaborazione con Paris VII nel Dipartimento di Semiologia del Testo e dell’Immagine diretto da Julia Kristeva. Successivamente ha svolto un programma post-dottorale a l'Ecole des Hautes Etudes a Parigi sviluppando una ricerca sul movimento in riferimento a J.E. Marey e F. Brunot, seguita da una ricerca sugli archivi della parola e della voce. Ha scritto saggi su Antonin Artaud, Lewis Carroll, Michel De Certeau, Louis Wolfson. Ha collaborato a riviste quali Art’o, Culture Teatrali, Doppiozero, e contribuito ai quaderni di F.I.S.Co. e Live Arts Week (Xing). Tra le pubblicazioni: Teatro Infantile. L’arte scenica davanti agli occhi di un bambino (Luca Sossella, 2019) con Chiara Guidi; cura di Utopie Vocali sul fenomeno della glossolalia affrontato da Michel De Certau, Paolo Fabbri e William Samarin (Mimesis, 2015); Loveeee - Journal (Xing, 2012) con Cristina Rizzo; co-cura di Overground di Luca Del Pia (Boiler, 2011); cura della monografia Kinkaleri 2001-2008. La scena esausta (Ubulibri, 2008). Sua la postfazione di Il Calcolo dei Dadi: azzardo e vita quotidiana di Marco Dotti (O Barra O, 2013). Ha collaborato con diversi artisti della scena europea tra cui Cristina Rizzo (Jungle In, Dance N°3, Loveeeee), Kinkaleri ( I AM THAT AM I, TU DICI?, Certo Titolo), Claudia Triozzi (Per Una Tesi Vivente), Michele di Stefano/MK, Societas Raffaello Sanzio. Insegna Lettere a Bologna, Teoria e Pratica della Performance alla Libera Università di Bolzano, e Teoria della Scena alla Scuola Conia fondata a Cesena da Claudia Castellucci. |
|