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  LUCA DEL PIA
STEFANIA TANSINI

Stupid girls
 
     
       
         
   

fare esperienza delle possibilità di rapporto tra corpo e video in diverse dimensioni
Installazione di Stefania Tansini e Luca del Pia


COSA STIAMO FACENDO
Quello che stiamo facendo è la registrazione video dell’esperienza di un corpo attraverso dei dispositivi.
Il dispositivo consiste in una serie di scelte - luogo, luce, suoni, abiti, oggetti, …- che delimitano un territorio d’indagine. Frammenti di realtà precisamente individuati all’interno dei quali il corpo viene immerso.
Un contesto delimitato e preciso di diversi elementi, che rende visibile qualcosa che sta accadendo.
Dopo aver creato questa struttura di regole precise, ci rendiamo disponibili al dispositivo stesso.
Stiamo nella situazione e accettiamo quello che c’è e che ci può essere. Lasciamo che le cose siano e ci abbandoniamo alla potenzialità che è in loro, supportati dalle regole che abbiamo pensato e accettato e che ci puliscono da tutto quello che non è necessario ed efficace.
Questo ci permette di vivere pienamente il momento della registrazione. Un momento unico e irripetibile, dove il nostro essere genuini, trasparenti, è solo quello a cui dobbiamo porre attenzione. Nient’altro. Essere, stare e accettare quello che c’è: la situazione e noi stessi.
Se per noi, danzare e riprendere immagini sono i modi con cui ci rapportiamo con il mondo e senza i quali vivere diventa faticoso, in questo percorso abbiamo rinunciato a queste modalità per calarci in una dimensione di pura vitalità, dove il corpo di entrambi è teso solo a vivere e non a rappresentarsi, pur conservando tutta la ritualità del teatro.
C’è un continuo spostamento e modificazione dei due linguaggi, un’abolizione dei ruoli che fa sì che il lavoro sia frutto della relazione che intercorre tra il corpo ripreso e il corpo che riprende.
Uno spazio e un tempo non ripetibili, dove il corpo gestisce la telecamera e le riprese video diventano presenza attiva che influenzano il corpo.
Così il progetto, organizzato nella sua impalcatura, si va a delineare solo nel momento in cui viene vissuto. Un’unica rappresentazione, senza repliche. Un’unicità nella quale si risolve tutto il possibile.
Si procede poi ad un montaggio e una successiva installazione attraverso un processo di scelte e selezioni che hanno come guida le immagini stesse.
Il lavoro di montaggio delle immagini si svilupperà nella ricerca di una comprensione di ciò che è successo, di ciò di cui si sono impregnate le immagini. Saranno le immagini stesse, in una sorta di autodeterminazione, a divenire autore e regista.
In questo modo, abbiamo messo in forma qualcosa di non pensato, di qualcosa legato al corpo e al gesto, creando un’installazione strutturata in quattro episodi, ognuno fruibile in maniera differente in base alla diversa natura dei dispositivi utilizzati.
Una forma ambigua, che trova nell’azione, nel movimento e nel gesto, quella capacità espressiva che lega la vita all’arte. Che offre ai corpi una possibilità di fuga e di cura, da sé stessi e dal mondo.

 

Come sta il corpo?
Come stabilire un legame tra l’essere, le cose e la situazione?
La ricerca di una prossimità, una vicinanza, a quel nulla che si frappone tra il corpo e le cose, in un’armonia mai così salda e definitiva, ma sempre capace di accogliere l’imprevisto, l’inatteso, l’inquietante, sempre al limite del rischio, del possibile e del fallimento.
Far coincidere il corpo con l’esistenza, in un rapporto esplorativo del mondo.
Una materia che si offre, una superficie esposta allo sguardo. Una carne posseduta dalla visione nella quale si manifesta una vita e un’offerta a parteciparvi.
Un corpo femminile che provoca, chiama in gioco una situazione e le cose delle quali è circondata che, a loro volta, inviano informazioni sul corpo e le sue possibilità.
Se da un lato la situazione lo vincola in un luogo, quel luogo è anche l’unica occasione che ha di essere presso le cose, per cui è libero non malgrado questo presente situazionale, ma grazie ad esso.
Un corpo giovane, vitale, spinto dal desiderio dell’incontro con l’altro, con le cose, con il mondo, curioso di scoprire che tipo di relazione instaurare per esserne veicolo.
Il mondo è tutto riflesso nello sguardo del corpo e lo sguardo del corpo è tutto fuori di sé, ospitato dal mondo.
Un’esperienza corporea che insegna a sentire.
Stefania Tansini