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Mi sono sempre piaciuti gli ossimori. Piccoli cortocircuiti verbali che costringono il processo mentale ad una sorta di sospensione e affidano all'istinto il compito di intravedere il significato.
Il cilindro da cui il prestigiatore estrae, senza fine si direbbe, oggetti inauditi: questa è la prima immagine che associo al contrabbasso.
Uno scrigno magico da cui fuoriescono un'infinità di suoni, di timbri, di voci, di mondi. Avere a disposizione questa moltitudine di possibilità ha in sé la stessa natura al contempo esaltante e terrificante che ha il foglio bianco per lo scrittore. In effetti non sono mai riuscito a comporre, a mettere, per così dire, nero su bianco delle note, toglierle dall'instabilità e precarietà del momento performativo e cristallizzarle in qualcosa di finito.
Quindi: improvvisazione come liberazione. Abdicare, rinunciare al controllo, cadere all'interno di ogni singolo suono, creare uno spazio dove la musica possa prendere vita e trovi il senso di esistere nello stesso momento in cui si rivela.
E allora: musica come organismo vivente. Percepire ed essere testimoni delle forze misteriose che vi abitano, seguirne i movimenti, osservarne le contrazioni e le espansioni, ascoltarne i canti e le grida.
Infine: concerto come condivisione. Di un tempo e di uno spazio, di un'attenzione comune, di una storia senza passato né futuro. Una storia fatta di suoni.
“...e condividerlo adesso/ come si condivide la musica/ o il sapore di un frutto...”
(J. L. Borges – Nostalgia del presente)
Giacomo Piermatti
Ha studiato contrabbasso con Daniele Roccato e Stefano Scodanibbio.
Dedito principalmente all’interpretazione della musica contemporanea, si è esibito, sia come solista che in ensemble, in numerosi festival internazionali. Ha collaborato con importanti compositori come Terry Riley, Butch Morris, Sofia Guabaidulina, Hans Werner Henze.
Suona nel Ludus Gravis ensemble e collabora con Klangforum Wien, Edison Studio, Suono Giallo, CLSI, Masque Teatro. Ha effettuato registrazioni discografiche per Wergo ed ECM.
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