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2015 .1994
   
       
     
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
 
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Perché passi un po’ di caos libero e ventoso.

Come se il caos potesse reggere il paragone con la meteorologia.
Nostalgia del caos.
D.H. Lawrence parla di desiderio del caos, di un caos iridescente.
Un magma, un cuore lavico, che rigurgita e si espande.
La solidificazione come stato inquieto della materia, puro divenire che giace nella sua stasi.
La roccia magmatica a contatto dell’aria o nel precipitare in acqua cessa il suo moto per assumere una parvenza di certezza. Al suo interno il processo prosegue, crea anfratti, guglie, stalattiti, rivoli, e poi trasmutazioni, di colore, dal porpora al violaceo, dal calor bianco al giallo cupo; infine giunge al nero, nero.
Questo caos materico fuoriesce dalla breccia, anima la crosta, la trasforma in pelle, ossia la dilata e la tira. Si formano gobbe, slanci, cadute. Riparte. La sostanza si stratifica in strette posture liminiformi, mille piani si affacciano e istantaneamente si raccolgono su se stessi. Onde. La materia immobile muove altra materia. Il moto viene sempre trasmesso per immobilità crescenti. Poi tutto tace. In attesa del prossimo conato. Violento. Che sbraga gli argini, che divelle le fondamenta.
Siamo qui, vicini. L’occhio, a mo’ di orecchio appoggiato ad una carta velina. Sul chi va là. Quando è in gioco la velocità del pezzo occorre stare allertati per non farsi sfuggire ciò che non è ancora partito. Parlo dell’atto. Non ancora, ma già.
Come preservarci da questa perdita. Rallentando o ipervelocizzando?
Se un proiettile ci viene incontro e noi si muove rapidamente la testa lungo la direzione del suo movimento, sembra sia possibile scorgerne nitidamente la forma.