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In che misura il clima politico e culturale di questi ultimi decenni ha influenzato il modo in cui si formano, si mantengono e si sciolgono i legami sociali, a livello individuale e collettivo? E, soprattutto, in che misura oggi è ancora pensabile - e praticabile - il collettivo?
Per rispondere a queste domande bisogna aver chiare sia quali siano, oggi, le strutture portanti del potere, sia attraverso quali vie possa prodursi e riprodursi il discorso critico, volto a delineare scenari alternativi rispetto a quelli attuali.
Si tratta di un discorso che deve tener conto, da un lato, dell’inerzia che caratterizza i collettivi, dovuta al persistere di modelli di pensiero e di comportamento che hanno radici più antiche della stessa modernità; dall’altro, della difficoltà che hanno generalmente gli individui a liberarsi dall’identificazione con figure e schemi che elicitano fascinazione, paura, sottomissione, o che, all’opposto, generano un senso di sicurezza. Insomma, per rispondere a quelle domande va articolata con radicalità la domanda circa il desiderio che ciascuno di noi ha di essere padrone della propria vita e del proprio desiderio.
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Giovanni Leghissa (Trieste, 1964) lavora presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’educazione dell’Università di Torino. Redattore di “aut aut”, direttore della rivista online di filosofia “Philosophy Kitchen”. Tra le sue pubblicazioni: Neoliberalismo. Un’introduzione critica (Mimesis, Milano 2012). Postumani per scelta. Verso un’ecosofia dei collettivi (Mimesis, Milano 2015). Ha curato, con Enrico Manera, il volume Filosofie del mito nel Novecento (Carocci, Roma 2015). |
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