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Crisalide giunge alla sua ventesima edizione con la forza di un fanciullo che ancora crede che per fare arte sia necessario condurre una spietata critica della violenza.
Violenza di chi vorrebbe fosse messo sullo stesso piano l’atto di oppressione e la naturale ribellione ad esso, di chi vorrebbe far passare come una opinione, una fra le tante, il fatto di non accettare supinamente l’idea che solo dalla competitività e dal valore insindacabile della proprietà discenda il benessere dell’uomo, di chi parla al sociale teorizzando il consumo e il conseguente profitto non curandosi delle sperequazioni e dei conflitti che esso genera.
Opporsi alla violenza significa mettere in scena una visione del mondo che si opponga alla dilagante necessità di consenso, al bisogno incessante di ordine, alla patologica ammirazione per la confezione.
Come può un artista arginare l’aggressione che il potere esercita sulle primarie istanze del suo fare, mettendo in dubbio continuamente sia i mezzi della sua arte sia i fini sottesi ad essa? Con queste premesse come si può immaginare il futuro? Crisalide non nasce per mostrare. Non vive per dichiarare la propria esistenza.
Crisalide non è un’isola. Non è un rompighiaccio. Lontanissimi dall’idea che sia un luogo di rivoluzioni. E’ certamente un luogo che ruota. Attorno ad un asse. Non baricentrico.
Crisalide è un avamposto sul mondo.
E’ uno strumento per entrare nel mondo.
Lorenzo Bazzocchi |
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