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con: Matteo Ramon Arevalos, Lorenzo Bazzocchi, Giacomo Piermatti, Silvia Proietti, Eleonora Sedioli
scene: Lorenzo Bazzocchi, Eleonora Sedioli
elettronica: Matteo Gatti
video: Andrea Basti
tecnica: Tommaso Maltoni, Stefano Cortesi
costumi: Anna Bazzocchi
musiche: Matteo Ramon Arevalos, Giacomo Piermatti
organizzazione: Clio Casadei
ideazione e regia: Lorenzo Bazzocchi
coproduzione: Mood Indigo_Bologna
produzione: Masque Teatro
Come reagisce l’uomo alla notizia che la natura delle cose non è univoca e si manifesta con una doppia immagine meccanica e vibrazionale al tempo stesso? Ricordo interminabili discussioni con mio padre Giulietto, maestro elementare, e le congetture fantastiche che formulavo ogni qualvolta si parlava di spazio e di tempo. Qualcuno lancia un sasso e lo va a raccogliere. Se si suppone che i lanci procedano in linea retta egli sarà sempre in grado, prima o poi, di raggiungere quel sasso e di scagliarlo nuovamente in avanti. Reiterando all’infinito quel gesto supponevo si potesse dimostrare, quasi banalizzandola, l’infinità dello spazio. Mio padre sempre rispondeva che, come qualcun altro ha ben detto, lo spazio potrebbe esser curvo e che quindi il mio peregrinare verso l’infinito potrebbe non essere altro che un girare intorno a noi stessi.
Rimanevo comunque convinto della mia originaria sensazione. L’inconciliabilità tra quello che appare come razionale ed evidente ai nostri sensi e la vera natura delle cose mi spinge a ricercare con pervicacia, anche se con notevole affanno, quello stato originario che possa far avanzare, passo dopo passo, verso la propria riconoscibilità.
Ho creduto che nel concetto di passività elaborato da Maurice Blanchot fosse nascosta la chiave di lettura per poter descrivere quella sensazione primordiale. Per molti mesi ho pensato di poter riuscire a decifrare la natura di quel “disastro incombente e che mai sopravviene”. Vicino al fallimento ho, un giorno, aperto le pagine di un libro che mi è da sempre molto caro, “La tentazione di esistere” di Emil Cioran. Lì ho intravisto la soluzione alla mia angoscia: quel “disastro che rovina tutto e tutto lascia immutato” era lo stampo perfetto del decadimento di una civiltà, nel nostro caso quella occidentale, che non trova, se non nella sua assenza, il proprio compimento. E così ho proceduto, lavorando sulla parabola di una cessazione nel presente, vista con gli occhi di un uomo del futuro:“un uomo delle caverne impigliato in merletti”.
with: Matteo Ramon Arevalos, Lorenzo Bazzocchi, Giacomo Piermatti, Silvia Proietti, Eleonora Sedioli
set design:Lorenzo Bazzocchi, Eleonora Sedioli
video: Andrea Basti
costume designer:Anna Bazzocchi
music:Matteo Ramon Arevalos, Giacomo Piermatti
organization: Clio Casadei
conceived and directed by:Lorenzo Bazzocchi
co-produced by Mood Indigo_Bologna
produced by Masque Teatro
How does the man react when he finds out that the nature of things is not unique and manifests itself by an image, both mechanical and vibrational at the same time?
How can you survive your own death without being certain of your own substance?
I remember endless discussions with my father Giulietto, an elementary school teacher, and my fantastic conjectures when we spoke of space and time.
Someone throws a stone, then goes to pick it up.
If we assume that the launches proceed in a straight line, this someone will always be able, eventually, to get to that stone and throw it forward again.
I thought that, by repeating that gesture endlessly, I could demonstrate, though almost trivializing it, the infinity of space.
My father replied, as someone else had already said, that space could be curved and therefore my journey towards infinity would not be anything but turning right round ourselves.
However I was convinced that I was right.
The incompatibility between what appears to be rational and obvious to our senses and the true nature of things leads me to seek with obstinacy, although with considerable anguish, an original state that can move towards its own recognition, step by step.
Maurice Blanchot’s concept of "passivity" describes this primordial feeling perfectly, in our opinion.
Marble (It: Marmo) takes its origin and strength from the French essayist and philosopher’s book The Writing of the Disaster. |